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Aidoru. Così in Giappone si pronuncia la parola inglese “idol”, idolo, ed è nella terra del Sol Levante il modo di chiamare le star che, giunte giovanissime all’apice del successo, sono poi dimenticate subito dopo. Nati nei primi anni Novanta a Cesena con il nome di Konfettura, gli Aidoru sono Dario Giovannini, Diego Sapignoli, Michele Bertoni e Mirko Abbondanza.

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28/04/10

Ottima recensione Aidoru su Glass House

Aidoru – Songs Canzoni-Landscapes Paesaggi martedì, 27 aprile 2010
di Marco Proietti

Non so bene per quale motivo, ma sono rimasto da subito affascinato dal nome Aidoru, cosi curiosamente nebuloso ed evocativo, cosi scarno e allo stesso tempo cosi sonoro. Cercando di capire, scopro che il termine giapponese “aidoru” significa “idolo” e si riferisce a quegli artisti ideati a tavolino per vincere sul mercato ed esaurirsi nel giro di un paio di stagioni. Niente di più lontano da quello che i “nostri” Aidoru rappresentano, una tra le migliori band che nell'ambito del rock sperimentale italiano.
Si, parliamo di rock, perchè gli Aidoru sono a tutti gli effetti una rock band, basata principalmente sul classico organico doppia chitarra-basso-batteria e il rock è stato ed è tutt'ora il punto di partenza della personalissima proposta musicale della band. Ma, come spesso accade, col passare degli anni e nel trascorrere di svariate e diversificate attività, gli Aidoru hanno progressivamente evoluto il proprio sound, producendo un disco, il quarto , che rappresenta la summa del lavoro di oltre dieci anni di attività musicale.
Dopo “...13 Piccoli Singoli Radiofonici...”, sonorizzazione di un'allestimento del Teatro Valdoca (con cui la band collabora da alcuni anni), e il decisamente più song-oriented “Nove Buone Nuove”, “Songs Canzoni-Landscapes Paesaggi” (SCLP) rappresenta tutte le diverse sfumature del sound della band di Cesena, che rendono quindi particolarmente complicato descrivere o, peggio ancora, etichettare un lavoro sempre in continuo movimento tra sperimentalismo e melodia, movimento e riflessione interiore, complesso ma comunque emozionante.
Man mano che le tracce si susseguono ci troviamo di fronte al rock-funk di Albert None, tra le tracce più immediate ed orecchiabili, per passare poi all'interessantissimo rock di Arcosanti, in cui il tessuto musicale progressivamente si sfilaccia, riducendosi in sottili e impalbabili tracce sonore che scorrono indistintamente l'una dall'altra per poi ritrovarsi e ricompattarsi a formare l'ottimo riff di apertura.
Il post-rock della miglior fattura è quello che ritroviamo in brani come Loopwalking, Interludio o le straordinarie Ritratto Delle Correnti e Pomeriggio N.1, in cui la band da dimostrazione di aver oramai completamente assorbito, metabolizzato e rielaborato la lezione di maestri del genere come i Goodspeed You Black Emperor! o i Thee Silver Mt. Zion.
Anche il jazz trova spazio nelle corde del gruppo, come nell'ottima Modale, oltre ad essere variamente disseminato lungo tutto il disco.
Dopo le “Songs Canzoni...” della prima parte, gli ultimi sei brani, i “...Landscapes Paesaggi”, rappresentano il lato maggiormente evocativo e visuale dell'ensemble, dove la batteria si fa da parte, e l'eco delle chitarre diventa protagonista, con lo spazio che si dilata creando atmosfere dall'alto impatto emotivo, in grado di generare profonde suggestioni nell'ascoltatore che sappia accoglierle.
Veri e propri paesaggi sonori, improvvisazioni, sonorizzazioni ambientali ed estemporanee produzioni di suoni, che come un pennello sembrano disegnare vere e proprie scenografie, come la stupenda Di Notte, che sembra realmente evocare le fugaci luci che danzano sullo sfondo dell'oscurità più profonda.
Davvero notevole Reportage 03, in cui il piano filtrato e smorzato si abbraccia alle armonie vocali, suoni indistinti che diventano musica, in una traccia davvero rilassante e pacificatrice.
Non tutti saranno in grado di comprendere ed apprezzare, ma di certo chi è alla ricerca di proposte innovative e all'avanguardia non potrà fare altro che amare questo disco.
 
Voto 9/10

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