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Aidoru. Così in Giappone si pronuncia la parola inglese “idol”, idolo, ed è nella terra del Sol Levante il modo di chiamare le star che, giunte giovanissime all’apice del successo, sono poi dimenticate subito dopo. Nati nei primi anni Novanta a Cesena con il nome di Konfettura, gli Aidoru sono Dario Giovannini, Diego Sapignoli, Michele Bertoni e Mirko Abbondanza.

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11/06/10

Aidoru, recensione su Lost Highways

Songs Canzoni – Landscapes Paesaggi - Aidoru

By Giulia Gasparato on Jun 10, 2010 in Album, Recensioni

aidoruCanzoni senza voce e paesaggi privi di spazio. Dove può esistere tutto ciò? Ovviamente la risposta è una sola: nella la musica. L’arte tutta però, non vive da sé, bensì vive attraverso le persone che la creano, che la alimentano, che la diffondono: dietro a queste canzoni impossibili e questi paesaggi musicati ci sono gli Aidoru, una band anomala che ormai da tanti anni porta avanti un progetto trasversale veramente artistico che poggia nel teatro e nella musica indipendente.
Grande è la differenza tra il musicista e l’artista che si esprime in musica, ma con questo album la band cesenate ha annullato il dubbio a chi ancora poteva averlo. Songs Canzoni - Landscapes Paesaggi è più che un album. Note su note, gli Aidoru sono riusciti a creare qualcosa di lieve ed al contempo profondo, un qualcosa di intimo ma che con la sua universalità musicale è capace di abbracciare tutte le arti. Esempio di questo è l’artwork del disco, che supera l’aspirazione di essere un contenitore per un prodotto musicale: grafica e testi sono parte integrante del progetto complessivo degli Aidoru.
Divise in due parti, le diciassette tracce delineano le peculiarità delle “canzoni” e quelle dei “paesaggi”. Le prime, ritmate, coinvolgenti, lievi ed eleganti, giocano con i più svariati generi musicali per mezzo di un approccio sregolato ma preciso, tipico del jazz. Immersi nel campo della sonorizzazione, con delicati sussulti degli strumenti, soffusi rumori e l’uso discreto dell’elettronica, nella seconda parte del disco, gli Aidoru riescono a creare paesaggi come un pittore sulla tela.
La misura è la chiave di volta dell’intero album: se non ci fosse un uso così sapiente della musica e degli strumenti, l’intero lavoro si ridurrebbe ad un’accozzaglia di magnifiche idee che invece gli Aidoru riescono ad esternare in modo pulito.
Non è di certo un disco per chi cerca emozioni vibranti ed epidermiche, ma di certo le impossibili canzoni e gli immaginifici paesaggi degli Aidoru riescono a colpire chi cerca lo stupore lontano dalla fretta.
“Nel giardino delle misure / coglierai tutte le radici e le metterai nelle teste / in dono avrai l’aria sottile / i colori su cui s’appoggia l’ombra / e gli splendidi raggi di sole / ascolta la pioggia / osserva il nascere di fulmini e tuoni / là dove il vento spargeva germogli foglie e corolle / là dove c’erano quiete e morbide ombre ora fioriscono le nuvole / là s’annuvola e snuvola / aria e bisbigli si fanno uragano / poi fresco e quiete tutt’intorno / là in mezzo alla notte alla lunga notte alla sua chioma / un canto di cicale fa dimenticare le parole da dire per cogliere un fiore / così con tutte le parole uscite nell’aria / tutto s’allarga di silenzio / solo il vento porta un rumore / poi l’ordine della schiarita” (Roberta Magnani, parte di testo compreso nell’artwork del disco).

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